Il tribunale

Unico tra quelli di cui l`edificio era dotato ad esser rimasto intatto, era la sala ove si svolgeva il processo, al quale prendevano parte la giuria, la pubblica accusa, l`avvocato della difesa e lo scrivano, incaricato di mettere per iscritto e registrare gli atti del processo. L`unico/a che non aveva diritto a seguire il proprio processo era proprio l`imputato/a che doveva attendere fuori fino a che veniva raggiunto il verdetto finale.

In questa prigione venne tuttavia deciso da subito di creare l`istituto dell`avvocato d`ufficio per chi non se lo potesse permettere, e come oggi, l`avvocato doveva seguire il cliente fino alla fine della condanna nel caso in cui, riconosciuto colpevole, venisse imprigionato.

La storia giudiziaria dell`edificio risulta quasi completamente conservata e dunque gli atti di quasi tutti i processi sono disponibili permettendoci di avere un`idea non solo sullo svolgimento dei processi ma anche sul tipo di pene e punizioni decisi alla conclusione. Alcune erano del tutto simili a quelle di oggi come il pagamento di multe, gli arresti domiciliari e la prigione, altre invece tipiche dell`epoca come mutilazioni, tortura e pena di morte, che a Venezia veniva eseguita con criteri differenti ossia impiccagione, decapitazione, roghi pubblici, squartamento con cavalli, soffocamento in mare e strangolamento in segreto.

Alcune erano eseguite in pubblico, tra le due colonne della Piazzetta San marco in prossimità della riva quali impiccagione, decapitazione, roghi pubblici e squartamento; gli impiccati venivano esposti per qualche giorno tra le due colonne rosa che si vedono al primo piano del Palazzo Ducale sul lato in prossimita` della Basilica di San Marco.

La pena di morte piu` grave era quella dello strangolamento in segreto, caso in cui la famiglia non poteva richiedere la salma del congiunto il cui nome, se veneziano, veniva cancellato da registri municipali. Questa veniva infatti eseguita nel caso del reato ritenuto piu` grave per la giustizia della Repubblica ossia il complotto contro lo Stato ( reputato piu` grave dello stesso omicidio), crimine per cui un criminale veneziano che avesse tradito la sua citta`, veniva reputato indegno di esser ricordato da morto come cittadino della Repubblica.

In questo caso anche il processo subiva una prassi particolare. A lavorare come giuria era chiamato il Consiglio dei Dieci, composto come suggerisce il nome, da dieci aristocratici di alto livello scelti dal Maggior Consiglio (il senato veneziano), per far parte di un organo creato a seguito delle congiure del Trecento e che continuo` ad esistere fino alla caduta della Repubblica nel 1797.

Il lavoro dei Dieci era quasi da intelligence, ossia scoprire, fermare e intercettare qualsiasi complotto che potesse minare la sicurezza e stabilita` dello Stato, motivo per cui erano dotati di un gruppo di spie molto efficiente, restavano in carica solo un anno per evitare qualsiasi abuso d`ufficio, avevano un proprio fondo cassa di cui non dovevano rendicontare, e il capo era il Doge, motivo per cui se nel tribunale il motivo del processo era un complotto , il Consiglio giungeva a presiedere con il Doge stesso a capo del procedimento.

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