Cos’è il Chèba?

Il Chèba era un particolare strumento di tortura utilizzato nella Repubblica di Venezia.  Una gabbia in legno o in ferro sospesa a una certa altezza da terra, entro la quale veniva rinchiuso il condannato. Essa poteva essere agganciata a una catena pendente da un palo fuoriuscente dal muro di un edificio, oppure addossata direttamente alla sua muratura.

Durante il periodo della pena, che variava a seconda del delitto commesso, il prigioniero poteva nutrirsi tramite una cordicella con la quale riusciva a trascinare pane e acqua da bere.

Da dove proviene il termine Chèba?

Il termine, proveniente dal dialetto veneziano, in lingua italiana significa gabbia.

Fu ideata principalmente per punire gli ecclesiastici colpevoli di sodomia, omicidio, falso e bestemmia, e rimase in uso fino alla fine del alla fine del XV secolo.

Si racconta che questa condanna fu inflitta il 24 dicembre 1391 a Jacopo Tanto, parroco della chiesa di san Maurizio, che aveva ucciso un altro prete. In quell’occasione la pena fu a vita.

Un chèba (un tempo) al campanile di San Marco

Per un paio di secoli il campanile di San Marco ospitò una chèba, probabilmente costruita in legno e irrobustita di ferro, e appesa con delle catene o una corda a una trave che sporgeva da un buco a metà altezza della canna di mattoni del campanile, sopra le botteghe dei panettieri.

La gabbia fu rimossa nel XVI secolo dopo avere accolto il suo ultimo ospite, il prete Francesco di San Polo, che aveva bestemmiato per la fortuna avversa al gioco.

Le carceri di Palazzo delle Prigioni a Venezia

Il Palazzo delle Prigioni offre l’opportunità di visionare ancora oggi gli strumenti di tortura, le carceri e i vestiti d’epoca, oltre che conoscere storie e leggende di una Venezia lontana. Un pezzo di storia testimone delle macchine della morte e di tortura usate un tempo come strumenti di giustizia.

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