Erano particolari contenitori, simili alle attuali cassette postali, che, sparsi per la città, erano destinati a raccogliere le denunce anonime destinate ai Magistrati.
Il soprannome di “Bocche di leone” deriva dal fatto che recavano spesso l’aspetto di fauci leonine spalancate, al disopra della dicitura del tipo di denunce che erano destinate a raccogliere.
Dietro a ciascuna vi era una piccola cassetta di legno la cui apertura era consentita ai Magistrati e i Capi dei Sestieri.
Chiunque aveva la facoltà di scrivere e imbucare denunce: non è difficile, pertanto, immaginare quante persone oneste finissero segnalate a causa di invidie o rancori di loro concittadini.
Per evitarlo, nel 1542 fu deciso che le denunce segrete, per essere considerate, non potessero essere anonime ma firmate, e riportare i nomi di almeno due testimoni (a meno che non fossero relative a congiure ai danni dello Stato).
Le denunce spaziavano sul più ampio campo di reati, e risultavano essenziali per il funzionamento degli speciali tribunali preposti alla sicurezza della Repubblica: gli Inquisitori di Stato e, soprattutto, il temibile Consiglio dei Dieci, l’organo preposto a investigare, anche con stremanti interrogatori, per ottenere le prove delle accuse formulate nelle lettere.
Il sistema fu legale fino alla caduta della Repubblica nel 1797: con l’arrivo di Napoleone molte delle teste di Leone, nonché le relative iscrizioni, furono rimosse.