Antonio Molinari: Bacco e Arianna
Il dipinto, raffigurante il celebre episodio narrato da Ovidio nelle Metamorfosi, proviene dalla Sala dei banchetti di the Doge’s Palace, dov?è ricordato ancora da Moschini (1815). Fu rimosso dalla sua sede probabilmente per la sua sconvenienza tematica quando quella parte dell?edificio venne adibita a palazzo patriarcale. In seguito, un inventario delle opere depositate nel Palazzo Ducale del 1861 lo ricorda arrotolato in una stanza. Successivamente, fu trasferito a decorare il Circolo Artistico del Palazzo delle Prigioni dove viene segnalato per la prima volta da Pappalardo (1953-1954).
Le recenti indagini d?archivio hanno permesso di stabilire che l?opera, assieme ad altre due raffiguranti il Tempo scopre la Verità e La Virtù scaccia i Vizi di Nicolò Bambini (tuttora in situ), fu acquistata dall?Edwards nel 1779 durante i lavori di riassetto della sala, per sostituire le vecchie tele di pittori tardo manieristi ormai in condizioni miserevoli. A questa circostanza si deve l?ampliamento delle tele, per adattarle alle nicchie dove dovevano essere alloggiate (Moschini 1815). L?operazione fu eseguita da Antonio Diziani, al quale spetta l?aggiunta del puttino sulla destra e gran parte dell?ombroso paesaggio.
In quell?occasione fu realizzata anche la cornice di contorno a finto mosaico dorato con bianchi racemi vegetali che compare in tutti e tre i dipinti, compiuta sicuramente per rendere più armonioso l?inserimento della tela nella restante decorazione. Lo stesso finto mosaico compare infatti come fondale nelle sopraporte in stucco di Francesco Re. Non viene specificato se anche l?opera di Molinari venne acquistata, assieme alle altre due di Bambini, dalla collezione di Gregorio Agdollo, nei cui inventari tuttavia non viene citata nessuna delle tre.
Si può osservare che il prestigio del nostro pittore doveva essere ancora abbastanza elevato, se per il quadro venne pagata una cifra corrispondente a quella spesa globalmente per gli altri due. Monbeing Goguel ha pubblicato il disegno preparatorio conservato al Museo del Louvre.
Purtroppo, lo stato di conservazione del dipinto appare oggi particolarmente precario. Sono presenti delle microcadute di colore che interessano tutta la superficie, mentre l?ossidazione delle vernici conferisce un omogeneo tono giallastro alla composizione.
È auspicabile che l?opera, forse una delle più belle di Molinari, sia oggetto di un adeguato restauro conservativo. Dovrebbe trattarsi di una delle ultime produzioni dell?artista, vicina alla pala di San Paolo d?Argon.